Conciliazioni facoltative e obbligatorie in diritto del lavoro

Articolo pubblicato su Partner24Ore Network – Il Sole 24 Ore

Cenni sulle possibili “conciliazioni” in diritto del lavoro
Un utile strumento per la risoluzione dei conflitti inerenti i rapporti di lavoro sono le procedure di conciliazione, le quali rappresentano un mezzo più rapido ed economico rispetto al classico ricorso giudiziale.
La Legge 4 novembre 2010, n. 183 ha modificato l’art. 410 c.p.c., per cui il tentativo di conciliazione è facoltativo e non costituisce più una condizione di procedibilità della domanda del lavoratore.
Il tentativo di conciliazione può essere promosso:
• in sede amministrativa, presso le apposite commissioni di conciliazione istituite presso la ITL (art. 410 c.p.c.);
• in sede sindacale secondo le procedure previste dai contratti collettivi (art. 412ter c.p.c.);
• presso le commissioni di certificazione (art. 76, D.Lgs. 276/2003).

Conciliazione amministrativa facoltativa
La richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione deve essere inoltrata all’apposita commissione istituita presso la ITL competente secondo i criteri di competenza stabiliti dall’art. 413 c.p.c.
La commissione, ricevuta la richiesta, convoca le parti per una riunione da tenersi entro i successivi dieci giorni. La comunicazione della richiesta all’ufficio interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
Se la conciliazione riesce, anche limitatamente a una parte della domanda, viene redatto il verbale, sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione. Il giudice, su richiesta della parte interessata, lo dichiarerà esecutivo con decreto.
In caso di esito negativo, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta di bonaria definizione della controversia, il cui contenuto deve essere riassunto nel verbale con l’indicazione delle valutazioni espresse dalle parti affinché il giudice possa tenerne conto nel successivo ed eventuale giudizio di merito.

Conciliazione in sede sindacale facoltativa
La conciliazione in sede sindacale si presenta come alternativa a quella dinanzi alla Commissione di conciliazione istituita presso la ITL: essa viene attivata sulla base di procedure previste da contratti e accordi collettivi.
Laddove la conciliazione venga raggiunta, il relativo verbale deve essere depositato, a cura di una delle parti o per il tramite dell’associazione sindacale, presso la ITL territorialmente competente.
Il direttore dell’ufficio, accertata l’autenticità del verbale, provvede a depositarlo presso la cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è stato formato, dove il giudice, verificatane la regolarità formale, lo dichiara esecutivo con decreto.

Il verbale di conciliazione ha effetti tombali ovverosia nessuna delle parti può impugnarlo. Perché ciò avvenga deve essere sottoscritto in primo luogo in sede protetta: ITL o sindacato.
In secondo luogo, gli effetti propri della conciliazione tombale sono strettamente connessi alla consapevolezza del lavoratore dei propri diritti e all’effettiva volontà di rinunciare ai medesimi. Pertanto, l’oggetto delle rinunce indicate nel testo dell’accordo medesimo devono essere dettagliate.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3306 del 19 febbraio 2016, ha confermato il principio di diritto già espresso con sentenza del 2 ottobre 2013, n. 22540, in forza del quale “l’azione del lavoratore diretta al riconoscimento di diritti connessi al pregresso rapporto di lavoro non può essere preclusa da formule di rinuncia generiche ed onnicomprensive, in contrasto con i principi enunciati in materia di rinunce e transazioni aventi ad oggetto diritti del prestatore di lavoro, laddove non risulti accertato – con indagine di fatto del giudice del merito – che via sia stata la consapevolezza da parte del lavoratore della possibile esistenza di determinati diritti e la effettiva volontà di rinunciarvi”.

Conciliazioni obbligatorie
Il tentativo obbligatorio di conciliazione riguardante i contratti certificati.
Nel caso in cui si voglia impugnare un atto certificato da un’apposita Commissione, è necessario promuovere un preventivo tentativo di conciliazione stragiudiziale di fronte alla stessa Commissione che ha adottato l’atto. In questo caso, infatti, l’esperimento del tentativo costituisce una condizione di procedibilità dell’azione giudiziale, ossia un adempimento antecedente e necessario affinché la parte istante possa rivolgersi all’autorità giudiziaria. Il procedimento si svolgerà secondo la disciplina prevista nell’articolo 410 c.p.c. per la conciliazione in sede amministrativa. Il preventivo tentativo di conciliazione deve essere promosso non solo dalle parti ma da qualsiasi terzo interessato che intenda impugnare l’atto.

La conciliazione obbligatoria per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.
La conciliazione obbligatoria presuppone l’esistenza di un provvedimento espulsivo del lavoratore per motivi dipendenti dall’azienda e dalle sue condizioni economico-finanziarie, come la chiusura di un cantiere, la ristrutturazione aziendale, la soppressione del posto di lavoro, la crisi aziendale.
Questa procedura riguarda solo le aziende che abbiano occupato nei sei mesi antecedenti un numero medio di lavoratori superiore a 15 in ciascuna sede, filiale o stabilimento, o anche nello stesso comune, oppure occupino più di 60 dipendenti su scala nazionale.
Inoltre, tale procedura sarà applicata solo in presenza di un numero di licenziamenti inferiore alle 5 unità; nel caso in cui il numero sia superiore non si dovrà esperire questa procedura, ma quella per la riduzione collettiva del personale.

Le aziende, prima di procedere al licenziamento, sono tenute a inviare un’apposita comunicazione alla ITL del luogo ove il dipendente svolge la propria attività lavorativa e, per conoscenza, allo stesso lavoratore.
In tale comunicazione deve emergere chiaramente la volontà del datore di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nonché devono essere indicate le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore.
La ITL convoca le parti entro il termine perentorio di sette giorni dalla richiesta al fine di promuovere il tentativo di conciliazione.
Di fronte alla commissione, il datore di lavoro e il dipendente possono essere assistiti dalle organizzazioni sindacali cui sono iscritti o conferiscono mandato, ovvero da un componente della rappresentanza sindacale dei lavoratori o, ancora, da un avvocato o da un consulente del lavoro.
Una volta che il contraddittorio tra le parti è stato così instaurato in vista di una conciliazione, si potranno avere diversi esiti:
– in un primo caso potrà accadere che il giorno della convocazione il lavoratore non si presenti e in tal caso si conferma la volontà espulsiva del datore di lavoro;
– in un secondo caso può accadere che si raggiunge un accordo tra datore di lavoro e lavoratore con eventuali corresponsioni di somme a favore del lavoratore;
– in un ultimo caso può avvenire che il tentativo di conciliazione fallisca o comunque una delle due parti abbandoni la conciliazione.

Di conseguenza:
• se il tentativo di conciliazione fallisce o il termine di 7 giorni per la convocazione delle parti decorre inutilmente, il datore di lavoro può comunicare al lavoratore il licenziamento che ha, comunque, efficacia a decorrere dalla prima comunicazione;
• se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto, il lavoratore ha diritto di accedere alla Naspi.
L’art. 3 del D.Lgs. 23/2015 ha sancito espressamente che tale procedura non si applica ai lavoratori assunti in forza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.

L’offerta di conciliazione introdotta dal D.Lgs. 23/2015
In questi casi, il datore di lavoro, entro il termine previsto per l’impugnazione stragiudiziale del licenziamento (60 giorni), può offrire, in una delle sedi protette previste dall’articolo 2113 c.c. o innanzi a una commissione di certificazione, un importo pari a una mensilità per ogni anno di servizio. L’ammontare di tale somma deve comunque essere compreso tra le due e le diciotto mensilità. La corresponsione della somma così pattuita deve avvenire tramite consegna di un assegno circolare.
a) L’accettazione dell’assegno comporta l’estinzione del rapporto di lavoro e la rinuncia all’impugnazione dello stesso anche nel caso in cui fosse già stata proposta.
b) Il lavoratore ha diritto alla NASpI, in quanto l’accettazione della proposta non muta il titolo della risoluzione del rapporto di lavoro che risulta essere recesso datoriale, comportando, unicamente, la rinuncia all’impugnativa.

Conciliazione giudiziale
E’ la conciliazione raggiunta dalle parti dinanzi al giudice in udienza.
Secondo quanto stabilito dall’art. 420 c.p.c. in apertura dell’udienza di discussione, il giudice deve procedere all’interrogatorio libero delle parti e al tentativo di conciliazione. A tal fine, le parti hanno l’obbligo di comparire personalmente.
Se non compare personalmente, la parte può farsi rappresentare da un procuratore speciale. Se la conciliazione riesce, viene redatto processo verbale che ha efficacia di titolo esecutivo. In difetto, il giudizio prosegue.

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