Il preavviso nel rapporto di lavoro dirigenziale

Il preavviso

Ai sensi dell’art. 2118 c.c. la parte che recede dal rapporto di lavoro è tenuta a dare il preavviso (salve alcune eccezioni).

I termini di preavviso sono previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) applicabile al rapporto di lavoro (ad esempio, il CCNL dirigenti di aziende industriali, il CCNL dirigenti di aziende del commercio, il CCNL dirigenti di aziende del credito, ecc.).

La parte che recede senza preavviso deve corrispondere all’altra parte l’indennità sostitutiva, pari all’importo della retribuzione che sarebbe spettato per il periodo di preavviso (art. 2118 c.c.).

Esistono tuttavia casi in cui non sussiste l’obbligo di preavviso.

Il preavviso non è dovuto in presenza di una giusta causa di recesso ossia di una causa che non consente la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro (art. 2119 c.c.).

Inoltre, alcuni CCNL stabiliscono il diritto del dirigente di dimettersi senza preavviso (e con diritto altresì ad un determinato trattamento economico) al verificarsi di particolari eventi. Si tratta, a titolo esemplificativo, delle ipotesi del mutamento di posizione del dirigente (art. 16 CCNL dirigenti aziende industriali e art. 24 CCNL dirigenti aziende del commercio), del trasferimento di proprietà della azienda (art. 13 CCNL dirigenti aziende industriali e art. 20 CCNL dirigenti aziende del commercio),  del trasferimento (art.14 CCNL dirigenti aziende industriali e art. 16 CCNL dirigenti aziende del commercio), del superamento del periodo di comporto (art. 11 del CCNL dirigenti  aziende industriali e art. 18 CCNL dirigenti aziende del commercio) e del rinvio a giudizio (art. 15 CCNL dirigenti aziende industriali).

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Efficacia reale o obbligatoria del preavviso

E’ ampiamente dibattuto se il preavviso abbia efficacia reale oppure obbligatoria.

Secondo la tesi dell’efficacia reale, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il rapporto di lavoro è da considerarsi in essere durante il preavviso pur se sostituito dalla relativa indennità. Viceversa, secondo la tesi dell’efficacia obbligatoria, qualora una delle parti receda dal rapporto di lavoro con effetto immediato, il rapporto cessa nel momento in cui l’altra parte riceve la comunicazione di recesso, con l’unico obbligo per la parte recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva.

La questione riveste molta importanza in quanto, se si attribuisce efficacia reale al preavviso, hanno rilevanza eventuali vicende successive alla ricezione della comunicazione di recesso e verificatesi durante la pendenza del termine di preavviso anche se sostituito dalla relativa indennità, quali, ad esempio, gli aumenti retributivi previsti dalla contrattazione collettiva oppure malattie o infortuni del dipendente. Al contrario, se si ritiene che il preavviso abbia efficacia obbligatoria, tali vicende risultano del tutto ininfluenti.

Mentre la giurisprudenza più risalente propendeva per la tesi dell’efficacia reale, l’orientamento giurisprudenziale attualmente prevalente è dell’avviso che il preavviso abbia efficacia meramente obbligatoria.

La particolare disciplina del CCNL dirigenti di aziende del commercio sull’efficacia del preavviso

In alcuni casi, peraltro, è il contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro a risolvere la questione sulla natura, reale o obbligatoria, del preavviso, prevedendo una specifica disciplina sul punto. Questo è il caso, per esempio, del CCNL dirigenti di aziende del commercio.

Più precisamente, l’art. 38, comma 7, del predetto CCNL stabilisce che, in caso di licenziamento, “durante il periodo di preavviso, anche se sostituito dalla relativa indennità, valgono tutte le disposizioni economiche e normative e le norme previdenziali e assistenziali previste dalle leggi e contratti in vigore e loro eventuali variazioni”.

In una interessante pronuncia, la Suprema Corte – pur confermando l’orientamento attualmente maggioritario secondo cui il preavviso ha in generale efficacia obbligatoria – ha ritenuto che, con la suddetta norma, il CCNL dirigenti di aziende del commercio abbia dettato una specifica disciplina che attribuisce al preavviso efficacia reale, anche quando sostituito dalla relativa indennità (Cass. civ., sez. lav., 26 ottobre 2018, n. 27294). La Suprema Corte ha quindi cassato la decisione della Corte territoriale che aveva ritenuto non dovuto il trattamento economico per una malattia sopravvenuta al licenziamento.

Si soggiunge che l’art. 38, al comma 8, nel testo vigente, stabilisce, sempre per quanto concerne il licenziamento, che il “periodo di preavviso, anche se sostituito dalla relativa indennità, a far data dal 1° luglio 2021, avrà decorrenza dal primo o dal sedicesimo giorno di ciascun mese a seconda che la comunicazione di licenziamento pervenga al dirigente, rispettivamente, nella seconda quindicina del mese antecedente o nella prima quindicina del mese corrente.  Pertanto, il datore di lavoro è tenuto a retribuire per intero la frazione di mese in cui è stata ricevuta la comunicazione di licenziamento” (il testo previgente prevedeva in tutti i casi la decorrenza del preavviso dal primo giorno del mese successivo alla data di ricevimento della comunicazione del licenziamento).

Sulla base del disposto dell’art. 38 comma 8, assumono pertanto rilievo eventi intervenuti nel periodo compreso tra il giorno della comunicazione del licenziamento (quando non coincidente con il quindicesimo o con l’ultimo giorno del mese) e il giorno di decorrenza del preavviso, anche se sostituito dalla relativa indennità. E così, per esempio, un’eventuale malattia insorta durante il predetto periodo sospende gli effetti del licenziamento.

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