Dimissioni per giusta causa del dirigente: onere probatorio e “oggettiva” gravità della situazione
Articolo pubblicato su NT+ Diritto, Il Sole 24 Ore
Come previsto dall’art. 2119 c.c., il dirigente, al pari dei prestatori di lavoro inquadrati nelle altre categorie, può dimettersi per giusta causa senza preavviso se il contratto è a tempo indeterminato oppure prima del termine se il contratto è a tempo determinato, quando si verifica un fatto che non consente la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto di lavoro.
Con una recente pronuncia la Corte di Cassazione si è espressa in materia di giusta causa delle dimissioni del dirigente, affrontando il caso di un dirigente che, dopo aver rassegnato le dimissioni, aveva comunicato il recesso per giusta causa poiché durante il periodo di preavviso il datore di lavoro gli aveva precluso lo svolgimento della prestazione lavorativa per cinque giorni, disabilitandogli l’account di posta elettronica aziendale e impedendogli l’accesso al computer e all’ufficio, pur continuando a erogargli la retribuzione (Cass. civ., sez. lav., 3 luglio 2024, n. 18263). La Corte d’appello aveva escluso che il comportamento del datore di lavoro avesse assunto una gravità tale da giustificare le dimissioni per giusta causa soprattutto in considerazione della breve durata della sospensione dell’attività lavorativa.
La Corte di Cassazione ha preliminarmente rammentato che la giusta causa viene definita attraverso una clausola generale che richiede di essere integrata e specificata in sede interpretativa, dando rilievo sia a fattori esterni relativi alla coscienza sociale sia ai criteri desumibili dall’ordinamento generale sia ai principi che la stessa disposizione implicitamente richiama; stante il disposto dell’art. 2119 c.c. che fa riferimento alla impossibilità, anche provvisoria, di prosecuzione del rapporto, la durata dell’inadempimento del datore di lavoro può costituire soltanto uno dei tanti indici rilevanti ai fini della valutazione della gravità.
Pertanto, secondo la Corte di Cassazione, la Corte d’appello aveva errato nell’attribuire rilevanza soprattutto alla breve durata della sospensione del dirigente dalla prestazione lavorativa, anziché alla complessiva condotta datoriale (e in particolare alle modalità con le quali era stato impedito lo svolgimento dell’attività lavorativa), e nel non tenere in considerazione adeguatamente che, secondo i principi generali dell’ordinamento, è illegittima una sospensione unilaterale del rapporto di lavoro in presenza non di una condotta illecita del dipendente, ma del legittimo esercizio del diritto del dirigente di recedere con preavviso. La Corte di Cassazione ha pertanto cassato (con rinvio) la sentenza di secondo grado ritenendola in violazione dell’art. 2119 c.c.
Un’altra condotta del datore di lavoro, differente da quella esaminata dalla Corte di Cassazione nella ordinanza appena esaminata, che più frequentemente dà luogo alle dimissioni per giusta causa è il mancato o tardivo pagamento della retribuzione.
La giurisprudenza è vieppiù orientata nel riconoscere la giusta causa quando il pagamento non regolare degli stipendi è reiterato (tra le altre, Cass. civ., sez. lav., 23 maggio 1998, n. 5146; Corte appello Milano 18 gennaio 2019, n. 1788). Tuttavia, il lavoratore non può procrastinare le dimissioni sino al punto di dimostrare tolleranza all’inadempimento del datore di lavoro; le dimissioni per giusta causa devono infatti essere tempestive rispetto ai fatti, requisito da intendersi in senso relativo, potendo sussistere anche quando il recesso interviene dopo un certo periodo di tempo necessario al lavoratore per ponderare la situazione o verificarne un’eventuale evoluzione in senso positivo (Cass. civ., sez. lav., 6 marzo 2020, n. 6437; Cass. civ., sez. lav., 11 dicembre 2018, n. 31999; Tribunale Milano, sez. lav., 21 settembre 2023, n. 2710).
Per esempio, è stata riconosciuta la giusta causa delle dimissioni nel caso di un dirigente al quale non erano state pagate sette mensilità (Corte appello Milano 18 gennaio 2019, n. 1788, cit.) nonché in un caso di mancato pagamento al dirigente di due stipendi e di pagamento parziale di un’altra mensilità (Cass. civ, sez. lav., 8 agosto 1987, n. 6830). Viceversa, in una fattispecie in cui, per un lungo periodo, era stata corrisposta dal datore di lavoro una retribuzione inferiore al dovuto è stata esclusa la giusta causa, in quanto il dirigente aveva tenuto un comportamento incompatibile con la volontà di dimettersi (avendo agito in via monitoria per il pagamento degli arretrati) e non aveva provato (né allegato) in giudizio circostanze atte a dimostrare che il protrarsi della condotta datoriale aveva inciso sull’immediato soddisfacimento delle esigenze di vita sue e della sua famiglia (Cass. civ., sez. lav., 8 agosto 2022, n. 24432).
Se il contratto è a tempo indeterminato, in ipotesi di sussistenza della giusta causa di dimissioni, il dirigente, oltre ad essere esonerato dal preavviso, ha diritto al pagamento della relativa indennità sostitutiva del preavviso. Il CCNL dei dirigenti delle aziende del terziario stabilisce inoltre il diritto del dirigente a percepire un’indennità supplementare pari ad un terzo dell’indennità del preavviso.
E’, peraltro, importante evidenziare che il dirigente dimissionario per giusta causa si pone in una posizione svantaggiosa, non solo sul piano pratico (in quanto rimane senza occupazione), ma anche sul piano processuale.
Infatti, a fronte delle dimissioni in tronco, il datore di lavoro tratterrà l’indennità sostitutiva del preavviso dalle competenze di fine rapporto, contestando la sussistenza di una giusta causa.
Spetterà al dirigente agire in giudizio al fine di ottenere sia il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e la restituzione di quanto trattenutogli a tale titolo sia, ove previsto dal contratto collettivo, il riconoscimento dell’indennità supplementare. Il dirigente dovrà dimostrare le circostanze per le quali si è dimesso che il giudice dovrà ritenere idonee ad integrare l’ipotesi della giusta causa. Solo quando il Giudice con sentenza dichiarerà sussistente la giusta causa di dimissioni, il datore di lavoro sarà obbligato a corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso (Cass. 5 agosto 2021 n. 22365).
Per questo, è necessario verificare la percorribilità di altre possibili iniziative per la tutela dei diritti del dirigente prima di ricorrere alla drastica decisione di rassegnare le dimissioni per giusta causa, in quanto le dimissioni debbono essere sorrette da una motivazione che presenti un’oggettiva gravità della situazione non facilmente dimostrabile.