Risoluzione Consensuale del Rapporto di Lavoro
In questo articolo Carola Ferraris, avvocato del lavoro a Milano, descrive le caratteristiche della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, cause ed effetti.
La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro: quando azienda e dipendente si accordano
La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è una modalità di cessazione del rapporto di lavoro in cui il datore di lavoro ed il dipendente pongono fine al contratto di lavoro con un bonario componimento della controversia.
L’accordo consensuale avviene attraverso una negoziazione tra le due parti anziché per decisione unilaterale dell’azienda o del lavoratore.
La risoluzione consensuale presuppone il consenso di entrambe le parti coinvolte, che negoziano i termini dell’accordo per raggiungere un’intesa per la risoluzione del rapporto di lavoro.
Quando l’azienda ha necessità di ridurre il personale o apportare modifiche organizzative, azienda e dipendente (di solito assistito dal sindacato o dal legale di fiducia) negoziano i termini dell’accordo, che possono prevedere una indennità di licenziamento, alcuni risarcimenti, il periodo di preavviso, altre condizioni specifiche.
Il dipendente potrebbe quindi aderire ad una risoluzione consensuale per lasciare l’azienda in modo amichevole e per ottenere un “pacchetto di uscita” migliore rispetto a quello che potrebbe ricevere in caso di licenziamento disciplinare o per giustificato motivo oggettivo.
È sempre opportuno consultare un avvocato specializzato in diritto del lavoro, per ottenere una consulenza adeguata e garantire che i diritti e gli interessi del lavoratore siano adeguatamente tutelati durante il processo di recesso concordato.
Risoluzione consensuale e NASPI (ex indennità di disoccupazione)
Nell’ipotesi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non è previsto il riconoscimento della NASpI, se non nei seguenti casi:
- in forza del D. Lgs. 4 marzo 2015, n. 22, la NASpI è riconosciuta quando l’accordo viene sottoscritto tramite la procedura di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro;
- se, in seguito ad un licenziamento, la lavoratrice o il lavoratore ha accettato un’offerta di conciliazione rinunciando a impugnare il licenziamento;
- se la risoluzione consensuale è conseguente al rifiuto da parte del lavoratore a trasferirsi in un’altra sede della stessa azienda, distante più di 50 Km dalla propria residenza o raggiungibile in oltre 80 minuti con l’utilizzo dei mezzi pubblici.
In ogni caso, la NASPI non è dovuta per i lavoratori di aziende con meno di 15 dipendenti.
L’incentivo all’esodo
L’incentivo all’esodo è un beneficio economico offerto dall’azienda al lavoratore come parte di un accordo di licenziamento concordato.
È volto ad incoraggiare il dipendente ad accettare la cessazione del rapporto di lavoro invece di contestare in giudizio la decisione dell’azienda.
L’incentivo all’esodo può consistere in una indennità di licenziamento concordata tra le parti. Per quanto concerne la tassazione, su queste somme si applica il medesimo regime fiscale di tassazione separata previsto per il trattamento di fine rapporto, come stabilito dall’art. 17 del TUIR. Inoltre, sulle somme erogate l’azienda non deve pagare al dipendente i contributi previdenziali.
Gli incentivi all’esodo possono variare notevolmente a seconda delle dimensioni dell’azienda, del settore, delle situazioni di fatto e della capacità di negoziazione dei rispettivi legali.